Ezekiela ovvero Michela Riba | tutti gli articoli |
2010/11/15 |
L'arte di rappresentare l'alchimia del mondo femminile: cogliere fragilità nascoste
The art of alchemy to represent the women of the world: grasping hidden fragility
Michela Riba è nata nel 1984 a Cuneo, dove si è anche neolaureata all’Accademia di Belle Arti. Il suo nome d’arte è Ezekiela e con le sue opere ha partecipato a numerosi concorsi ed esposizioni. Tra le partecipazioni più significative ricordiamo Made in Turin a Palazzo Birago (Torino, 2009), XII Ed. IoEspongo (Torino, 2009), XIII Ed. New Lake Art Fair (Hangzhou, 2010), Premio Arte Mondadori 2010 alla Permanente di Milano.
I suoi quadri - tutti oli su tela - colpiscono per l’espressività iperrealistica, per la fusione tra il linguaggio astratto e la rappresentazione figurativa del reale, per i contrasti cromatici, ma soprattutto per l’energica presenza dell’elemento femminile.
Per sua stessa dichiarazione, Ezekiela trae ispirazione dai fumetti manga, dall’Art Nouveau, dalla moda e dall’eleganza delle fotografie dei servizi glamour (tra i suoi fotografi preferiti Steven Meisel, Steve Hiett, Aldridge Miles…), con la necessità però di andare oltre il reale.
Le sue donne - che si lasciano scrutare statiche e orgogliose - sembrano ostentare un forte temperamento femminile e celare invece una fragile dolcezza. Infatti, soprattutto con gli occhi, esprimono tutta la sensibilità e l’urgenza comunicativa dell’artista, la volontà di trasmettere al pubblico un’emozione forte.
“Ezekiela”, cosa significa questo nome e perché lo hai scelto per rappresentarti?
Ezekiela , un nome come tanti perché… Ezechiele era un profeta, predicava un qualcosa e cercava di farlo arrivare alle persone del suo tempo; allo stesso modo Ezekiela dei giorni nostri crea il suo movimento per far arrivare un qualcosa a chi le sta attorno e al mondo intero. Come ben sappiamo il ruolo del profeta è quello di predicare e di predire il futuro, in questo mondo di cui mi circondo, l’ arte ai giorni nostri è un percorso molto difficile dove non è più come una volta che con una brillante idea non ancora vista si arrivava ad essere i più riconosciuti per averla inventata, oggi tutto è già bene o male stato fatto, visto e rivisto, semplicemente il nostro compito è saperlo revisionare nel modo giusto e concepire un qualcosa che sarà, rifacendoci alla realtà in cui viviamo. Un pensiero contorto, ma Ezekiela lo porterà avanti! Poi, coincidenza delle coincidenze, Ezekiele è il santo che cade il giorno del mio compleanno.
Che cos’è e come nasce il P.A.F. Movimento di cui ti dichiari promotrice?
Oltre ad Ezekiela sono anche stata chiamata Paffiela. Paf Paf è il suono creato dai bambini che camminano a gattoni buttando le mani a terra, un suono deciso e carico di forza “paf” per proseguire il cammino. Così il P.A.F. movimento non è nient’altro che un percorso che, iniziando a gattoni, si fa avanti e si fa spazio. Non è dunque un acronimo, ma molte volte ci ho giocato su per creare frasi affini a ciò che in quel momento stavo creando e mi andava di dire, sempre comunque riguardante il movimento. Possiamo quindi dire che è un Progetto Artisticamente Fantagoloso in movimento. Un movimento tutto mio fatto di colori mescolati sulla tela. La mia arte è un incontro tra l’ arte figurativa, che a primo impatto prevale maggiormente, e l’arte astratta, alla quale attribuisco il significato di maschera supportata dall’arte figurativa, ovvero dal corpo femminile. Dall’incontro di queste due grandi correnti scaturisce un mondo nuovo, di sogni e realtà per far sognare lo spettatore. Proprio il suscitare nell’osservatore un qualcosa è la grande difficoltà di fare arte oggi. La vera arte è narrazione, è valorizzazione di tecniche, scoperta di nuovi mezzi o metodiche espressive che nell'insieme riescano a suscitare nuove introspezioni e nuove emozioni nell'osservatore.
Le donne raffigurate nelle tue opere non hanno contestualizzazioni, ciò che risalta è soprattutto l’espressione del viso, lo sguardo, la postura e l’eleganza. Un’idea di donna forte, decisa e anche stravagante estrapolata dalle riviste glamour, in cui però sembra affiorare (soprattutto dallo sguardo) una tua più intima rappresentazione della donna comune, più fragile, timida e dolce. È giusto?
Giustissimo. La mia è una donna un po’ angelo e un po’ demone che si sta battendo per arrivare a un qualcosa, ma per le sue paure e insicurezze si maschera dietro abiti e uniformi. L’aspetto esteriore in conflitto con quello interiore, la semplicità di un corpo nudo coperto da difficoltà e paure, mascherato dalla moda di dover apparire e presentarsi più sicuri e aggressivi al nostro mondo, vivendo però sempre nelle insicurezze. Spazia da un angelo cortese che si rifà alla Beatrice di Dante a una perfida Salomè. Da una Lolita a una vera Femme Fatale a una Marylin. Adoro questo pezzo del libro di Nabokov tratto da Lolita: “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo la mattina, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.” Lolita è, in gran parte del romanzo, un mistero. È come la lepre che fugge dietro al branco che la insegue. Noi lettori non riusciamo mai a catturarla davvero. È un personaggio ambiguo, enigmatico, proprio nella sua apparente sfrontatezza. Nei miei dipinti possiamo trovare un insieme di tutti questi caratteri di donne citate. La loro emozione però, sia l’innocenza della ragazza fragile sia il desiderio ardente della donna vampiro, viene livellata e quindi domata tramite il decoro vegetativo che incornicia le figure e le ferma su una superficie dorata senza contatto con la realtà.
Nelle tue ultime opere, in particolare la serie “Gigantologia”, noto un’evoluzione sia nella tecnica che nella raffigurazione. Le donne non sono più statiche, non si lasciano esaminare immutabili, ma anzi camminano a passi da gigante e troviamo in primo piano piedi e gambe che si muovono verso la vita, verso il futuro. Vuoi parlarci di questa evoluzione e dei tuoi prossimi progetti?
Queste donne Giganti sono state un modo per riuscire a capire se potevo “fare il passo più lungo della gamba”, ovvero rischiare creando questo senso di movimento nel quadro e vedere come si comportava sia lo spettatore che la mia idea di come proseguire. Le deformazioni irreali riguardano la categoria della metamorfosi. Dunque, le deformazioni espressionistiche nascevano dal procedimento della caricatura ed erano tese alla accentuazione dei caratteri e delle sensazioni psicologiche; mentre la metamorfosi è la trasformazione di un oggetto in un altro, come le donne che si trasformano in alberi (Delvaux) o le foglie che hanno forma di uccelli (Magritte), io le trasformo in Giganti. Entrambi questi procedimenti hanno un unico fine: lo spostamento del senso. Ossia la trasformazione delle immagini, che siamo abituati a vedere in base al senso comune, in immagini che ci trasmettono l’idea di un diverso ordine di realtà. La Gigantologia è dunque lo studio dei giganti, di creature con fattezze umane ma semplicemente più grandi di statura, che sono alla ricerca della giusta via. Non prometto però di continuare questo studio, è possibile un ritorno, ma il mio movimento è ancora da definirsi, mi piace stupire e ricercare sempre…non sono ancora in grado di fermarmi ad un’ idea.
CRISTINA PONTISSO for ARTITUDE
The art of alchemy to represent the women of the world: grasping hidden fragility
Michela Riba è nata nel 1984 a Cuneo, dove si è anche neolaureata all’Accademia di Belle Arti. Il suo nome d’arte è Ezekiela e con le sue opere ha partecipato a numerosi concorsi ed esposizioni. Tra le partecipazioni più significative ricordiamo Made in Turin a Palazzo Birago (Torino, 2009), XII Ed. IoEspongo (Torino, 2009), XIII Ed. New Lake Art Fair (Hangzhou, 2010), Premio Arte Mondadori 2010 alla Permanente di Milano.
I suoi quadri - tutti oli su tela - colpiscono per l’espressività iperrealistica, per la fusione tra il linguaggio astratto e la rappresentazione figurativa del reale, per i contrasti cromatici, ma soprattutto per l’energica presenza dell’elemento femminile.
Per sua stessa dichiarazione, Ezekiela trae ispirazione dai fumetti manga, dall’Art Nouveau, dalla moda e dall’eleganza delle fotografie dei servizi glamour (tra i suoi fotografi preferiti Steven Meisel, Steve Hiett, Aldridge Miles…), con la necessità però di andare oltre il reale.
Le sue donne - che si lasciano scrutare statiche e orgogliose - sembrano ostentare un forte temperamento femminile e celare invece una fragile dolcezza. Infatti, soprattutto con gli occhi, esprimono tutta la sensibilità e l’urgenza comunicativa dell’artista, la volontà di trasmettere al pubblico un’emozione forte.
“Ezekiela”, cosa significa questo nome e perché lo hai scelto per rappresentarti?
Ezekiela , un nome come tanti perché… Ezechiele era un profeta, predicava un qualcosa e cercava di farlo arrivare alle persone del suo tempo; allo stesso modo Ezekiela dei giorni nostri crea il suo movimento per far arrivare un qualcosa a chi le sta attorno e al mondo intero. Come ben sappiamo il ruolo del profeta è quello di predicare e di predire il futuro, in questo mondo di cui mi circondo, l’ arte ai giorni nostri è un percorso molto difficile dove non è più come una volta che con una brillante idea non ancora vista si arrivava ad essere i più riconosciuti per averla inventata, oggi tutto è già bene o male stato fatto, visto e rivisto, semplicemente il nostro compito è saperlo revisionare nel modo giusto e concepire un qualcosa che sarà, rifacendoci alla realtà in cui viviamo. Un pensiero contorto, ma Ezekiela lo porterà avanti! Poi, coincidenza delle coincidenze, Ezekiele è il santo che cade il giorno del mio compleanno.
Che cos’è e come nasce il P.A.F. Movimento di cui ti dichiari promotrice?
Oltre ad Ezekiela sono anche stata chiamata Paffiela. Paf Paf è il suono creato dai bambini che camminano a gattoni buttando le mani a terra, un suono deciso e carico di forza “paf” per proseguire il cammino. Così il P.A.F. movimento non è nient’altro che un percorso che, iniziando a gattoni, si fa avanti e si fa spazio. Non è dunque un acronimo, ma molte volte ci ho giocato su per creare frasi affini a ciò che in quel momento stavo creando e mi andava di dire, sempre comunque riguardante il movimento. Possiamo quindi dire che è un Progetto Artisticamente Fantagoloso in movimento. Un movimento tutto mio fatto di colori mescolati sulla tela. La mia arte è un incontro tra l’ arte figurativa, che a primo impatto prevale maggiormente, e l’arte astratta, alla quale attribuisco il significato di maschera supportata dall’arte figurativa, ovvero dal corpo femminile. Dall’incontro di queste due grandi correnti scaturisce un mondo nuovo, di sogni e realtà per far sognare lo spettatore. Proprio il suscitare nell’osservatore un qualcosa è la grande difficoltà di fare arte oggi. La vera arte è narrazione, è valorizzazione di tecniche, scoperta di nuovi mezzi o metodiche espressive che nell'insieme riescano a suscitare nuove introspezioni e nuove emozioni nell'osservatore.
Le donne raffigurate nelle tue opere non hanno contestualizzazioni, ciò che risalta è soprattutto l’espressione del viso, lo sguardo, la postura e l’eleganza. Un’idea di donna forte, decisa e anche stravagante estrapolata dalle riviste glamour, in cui però sembra affiorare (soprattutto dallo sguardo) una tua più intima rappresentazione della donna comune, più fragile, timida e dolce. È giusto?
Giustissimo. La mia è una donna un po’ angelo e un po’ demone che si sta battendo per arrivare a un qualcosa, ma per le sue paure e insicurezze si maschera dietro abiti e uniformi. L’aspetto esteriore in conflitto con quello interiore, la semplicità di un corpo nudo coperto da difficoltà e paure, mascherato dalla moda di dover apparire e presentarsi più sicuri e aggressivi al nostro mondo, vivendo però sempre nelle insicurezze. Spazia da un angelo cortese che si rifà alla Beatrice di Dante a una perfida Salomè. Da una Lolita a una vera Femme Fatale a una Marylin. Adoro questo pezzo del libro di Nabokov tratto da Lolita: “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo la mattina, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.” Lolita è, in gran parte del romanzo, un mistero. È come la lepre che fugge dietro al branco che la insegue. Noi lettori non riusciamo mai a catturarla davvero. È un personaggio ambiguo, enigmatico, proprio nella sua apparente sfrontatezza. Nei miei dipinti possiamo trovare un insieme di tutti questi caratteri di donne citate. La loro emozione però, sia l’innocenza della ragazza fragile sia il desiderio ardente della donna vampiro, viene livellata e quindi domata tramite il decoro vegetativo che incornicia le figure e le ferma su una superficie dorata senza contatto con la realtà.
Nelle tue ultime opere, in particolare la serie “Gigantologia”, noto un’evoluzione sia nella tecnica che nella raffigurazione. Le donne non sono più statiche, non si lasciano esaminare immutabili, ma anzi camminano a passi da gigante e troviamo in primo piano piedi e gambe che si muovono verso la vita, verso il futuro. Vuoi parlarci di questa evoluzione e dei tuoi prossimi progetti?
Queste donne Giganti sono state un modo per riuscire a capire se potevo “fare il passo più lungo della gamba”, ovvero rischiare creando questo senso di movimento nel quadro e vedere come si comportava sia lo spettatore che la mia idea di come proseguire. Le deformazioni irreali riguardano la categoria della metamorfosi. Dunque, le deformazioni espressionistiche nascevano dal procedimento della caricatura ed erano tese alla accentuazione dei caratteri e delle sensazioni psicologiche; mentre la metamorfosi è la trasformazione di un oggetto in un altro, come le donne che si trasformano in alberi (Delvaux) o le foglie che hanno forma di uccelli (Magritte), io le trasformo in Giganti. Entrambi questi procedimenti hanno un unico fine: lo spostamento del senso. Ossia la trasformazione delle immagini, che siamo abituati a vedere in base al senso comune, in immagini che ci trasmettono l’idea di un diverso ordine di realtà. La Gigantologia è dunque lo studio dei giganti, di creature con fattezze umane ma semplicemente più grandi di statura, che sono alla ricerca della giusta via. Non prometto però di continuare questo studio, è possibile un ritorno, ma il mio movimento è ancora da definirsi, mi piace stupire e ricercare sempre…non sono ancora in grado di fermarmi ad un’ idea.
CRISTINA PONTISSO for ARTITUDE
http://www.artitude.eu/?p=articolo&categoria=ipsedixit&id_pill=86&titolo=Ezekiela-ovvero-Michela-Riba
articolo di Cristina Pontisso